Concept and Choreography Daniele Ninarello
With Vera Borghini, Zoé Bernabéu, Lorenzo Covello, Francesca Dibiase
Music Dan Kinzelman
Dramaturg Gaia Clotilde Chernetich
Movement coach Elena Giannotti
Light and space designer Gianni Staropoli
Abiti di scena Ettore Lombardi
Production Codeduomo / Compagnia Daniele Ninarello
Coproduction Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape /Direction Yuval Pick,
project realized within “Sharing&Moving/International Residencies” with the support of MosaicoDanza/ Festival Interplay, Fondazione Piemonte dal Vivo/ Circuito Regionale Multidisciplinare di Spettacolo dal Vivo, Lavanderia a Vapore/ Centro di Residenza per la Danza; KLAP Maison pour la danse – Kelemenis & cie di Marsiglia; Armunia/Festival Inequilibrio, Festival Oriente Occidente / CID Centro Internazionale della Danza.
With the support of Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), Fondazione Teatro Comunale di Vicenza, CID Centro Internazionale della Danza di Rovereto, Teatro Akropolis (Genova).
Winner the residency project “ACASA” promoted by Centro Nazionale di Produzione della Danza Scenario Pubblico/CZD in collaboraction with Centro Nazionale di Produzione della Danza Scenario Pubblico/CZD with the support of CSC Centro per la Scena Contemporanea.
With the support of Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
In collaboraction with AMAT for Civitanova Casa della Danza – residency project supported by Regione Marche and Mibac.
The project was realized with the contribution of ResiDance XL – places and residence projects for choreographic creations action of the Anticorpi XL – Young Author Dance Network coordinated by L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino.
“I thought that if I arrived at the fabric that constituted us, I would be at the same time the one that kept it, fed it, animated it.” P. Sollers.
The very first suggestion for this new work comes from the vision of Pastoral (Rhythm), by Paul Klee.This new choreographic project of mine, is an attempt to address the universal theme of reunification, our longing to return to a shared, unison movement we seem to dimly recall. Pastorale is the third work in a cycle of four experiential choreographic rituals, developed from the creation of anatomical practices which unfold in the composition of the spatial and choreographic dimensions of the ritual. Pastorale draws inspiration from an aphorism of the American composer Moondog: “I’m not going to die in 4/4!” My interest in working with his music stems from the desire to explore the universe that generated it, characterized by what he called “Snaketime” a slippery rhythm. Another fundamental reference for this work is the text “Numbers” by Philippe Sollers, composed of one hundred chapters numbered in series of four, which narrates our existence on this Earth as a constant pursuit, a constant coming from each other. In Pastorale, choreography will be the device created to escape from oneself and enter this other world, to unite with the outside world and with the humanity which surrounds us. Human beings take pleasure in synchronizing, dancing together, resonating together. We are all looking for this sense of unison, as nature does. We aim to create a perpetual nearness, a strong alliance between bodies, generating a dance that unfolds in perpetual motion, as if the body/mind existed in a state of contemplation, attentive to all sounds as rhythms to be grasped and ordered. In this way, we can access a system capable of tuning our bodies to a universal rhythm, which transforms. This practice will be a resource to create an emotional space in which to explore the fragility of this bond, and the risks associated with its loss.Through the choreographic composition, the aim is to create a physical mantra which allows each performer to gradually approach and align with the collective. In this ‘continuous tuning’ between the bodies it is possible to glimpse the birth of collective mind that constantly redistributes bodies and events, a ritual to which we can entrust ourselves, in an attempt to grasp and cling to that intangible empathy and sintony which exists between them, capable of transporting the body through a newly opened luminous passage, an escape route leading to that other world which exists in a pure state of grace.Specifically, the work will be developed through the creation of a system of signs, to be used by the performers as instruments with which to gradually align themselves with one another. The signs emerge as a perceptual description of the surrounding dynamics in which a choreographic matrix constantly produces variations in rhythm and space.Thus the movements of a body generate resonances in those nearby, like a series of expanding concentric waves, which gradually reinforce each other in an attempt to grasp each other, to reach each other so as not to get lost. A reflection, therefore, on the sense of cooperation in the contemporary world, on the need to return to an inclusive process and mutual listening. On the constant care towards this functioning that reveals us inscribed in each other. |
“Pensavo che se fossi arrivato al tessuto che ci costituiva, sarei stato contemporaneamente ciò che lo manteneva, lo nutriva, l’animava.” P. Sollers.
Questa mia nuova creazione coreografica nasce dal desiderio di affrontare il tema della riunificazione, la nostalgia dell’unisono. La prima suggestione arriva dalla visione di Pastorale (Rhythm), di Paul Klee. Pastorale è il terzo lavoro di un ciclo di quattro rituali coreografici esperienziali concepiti a partire dalla creazione di pratiche anatomiche che si dispiegano nel comporre la dimensione spaziale e coreografica del rituale.Durante le varie fasi di ricerca Pastorale prende spunto da un aforisma del compositore americano Moondog: “Non ho intenzione di morire in 4/4!” Il mio interesse a lavorare con la sua musica nasce dal desiderio di esplorare l’universo che l’ha generata, caratterizzata da quello che lui definiva “Snaketime” un ritmo scivoloso. Un altro incontro fondamentale per questo lavoro è stato il testo “Numeri” di Philippe Sollers, composto da cento capitoletti numerati in serie di quattro, che narra il nostro esistere su questa terra come un costante inseguimento, un costante derivare l’uno dall’altro. In Pastorale, la coreografia vuole essere l’accorgimento creato per emergere da sé e accedere all’altrove, per unirsi al fuori e all’altro che è prossimo a noi. Si punta a cercare una continua accordatura, una catena ritmata, una salda alleanza tra corpi che generano una danza che si dipana come un moto perpetuo; come se la mente corporea vivesse costantemente in allerta, attenta a tutti i suoni, ai ritmi da cogliere e ordinare. In questo modo, essa può accedere a un sistema in grado di intonare il proprio corpo ad un ritmo universale. Questa pratica sarà una risorsa per creare uno spazio emotivo in cui esplorare la fragilità di questo legame, e i rischi associati alla sua perdita. Attraverso la composizione coreografica, l’obiettivo è quello di creare un processo mantrico che permetta ad ogni performer di avvicinarsi gradualmente e allinearsi con il collettivo. Nella continua accordatura tra i corpi è possibile intravedere la nascita di una mente collettiva che ridistribuisce costantemente i corpi e gli eventi, un rituale cui affidarsi, nel tentativo di cogliere e cavalcare quell’intangibile empatia e sintonia che esiste tra loro, capace di trasportarli attraverso una nuova apertura di luce, via di fuga per raggiungere quell’altrove che è puro stato di grazia. In particolare, il lavoro si sviluppa attraverso la creazione di un sistema di segni, a disposizione dei danzatori come strumenti con cui allinearsi gradualmente l’uno con l’altro. Questi segni nascono da una costante descrizione percettiva delle dinamiche che li circondano nel percorrere la matrice coreografica che li produce costantemente. I segni emergono come descrizione di natura percettiva delle dinamiche circostanti in cui una matrice coreografica produce costantemente variazioni di ritmo e di spazio. Così i movimenti di un corpo generano risonanze in quelli vicini, come una serie di onde concentriche in espansione, che gradualmente si rafforzano a vicenda nel tentativo di afferrarsi, raggiungersi per non perdersi. Una riflessione quindi, sul senso di cooperazione nella contemporaneità, sulla necessità di tornare ad un processo inclusivo e di ascolto reciproco. Sulla cura costante verso questo funzionamento che ci svela inscritti gli uni negli altri. |